Comune di Borgo a Mozzano
Diecimo
    
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La storia del paese di Diecimo, inizia nel 180 a.C. con la vittoria dei romani, sulle tribù celtiche dei Liguri Apuani che fino ad allora, regnarono sull’intera valle del Serchio, la colonizzazione romana, proseguì velocemente lungo la valle, grazie all’apertura della nuova via di comunicazione, la via “Clodia Nova” o “Claudia” che il Console romano M.Claudio Marcello, realizzò seguendo dei vecchi tracciati, lungo la valle del Serchio, la Clodia Nova, in breve tempo, diventò una delle principali vie romane della lucchesia, non a caso, più avanti verrà considerata come una variante, della via Romea poi Francigena, entrando a far parte dell’importante viabilità del pellegrinaggio internazionale (le autostrade della fede, per fare un paragone moderno). 

La mappatura della via Clodia Nova e la numerazione, del suo percorso in miglia romane (1 miglio = 1.480 mt.), ebbe inizio dal centro della città fissando lungo il percorso, i primi riferimenti che oggi, ritroviamo ancora, nei nomi di alcuni paesi fondati, nel primo tratto della valle, Sesto di Moriano “sextus”, Valdottavo “octavus”, o come nel caso del paese di Diecimo, fondato dove un tempo, fu posta la pietra del decimo miglio “Decimum Lapidem”, come può una piccola pietra segnaletica, generare un paese? La risposta, deve essere ricercata nelle antiche tradizioni romane che, in corrispondenza delle miglia, prevedevano delle “Poste” o Osterie, per l’assistenza dei viaggiatori e dei piccoli Templi, per le preghiere (generalmente le principali “Stazioni di Posta”, si alternavano ad una distanza di circa dieci miglia, intorno ai 15 chilometri), Posta e Tempio, due strutture, di cui non abbiamo traccia, ma che risulteranno determinanti per Diecimo, come per altri borghi lucchesi, anche Camaiore nacque da una Posta romana. 

La Stazione di Posta, comprendeva generalmente un’Osteria per il vitto e l’alloggio, un maniscalco per l’assistenza ai cavalli (cambio, vendita e….), ma anche molte altre attività, falegnami (barrocci e  carretti), fabbri e così via, una semplice “Posta”, in pochi anni poteva tranquillamente trasformarsi, in un piccolo agglomerato urbano (le infrastrutture hanno sempre incrementato lo sviluppo), tutto dipendeva dal traffico commerciale e dal numero di  “Fundi” o fattorie, presenti nel luogo, presenza romana che a Diecimo, ruotò intorno ad un “Pagus”, un “Vico Rustico” più importante (un primo agglomerato urbano, anche centro amministrativo), dal quale dipesero altri piccoli “Vici” o “Vicus Rustici” (dopo il IV secolo i “Vici Rustici” ottennero delle autonomie, ma non il diritto civile, l’amministrazione della giustizia era affidata al “Municipium”), tracce del “Pagus”, il centro commerciale della Terra di Diecimo, dove veniva allestito anche il mercato e dove forse sorse la Stazione di Posta, sono state rinvenute nei pressi della Pieve, dove, tra l’altro doveva passare anche la Via Clodia Nova, la via romana che da S.Martino in Greppo (anche dogana medievale), attraverso Pastino, raggiungeva la Pieve o la sfiorava, per poi proseguire verso Borgo a Mozzano, percorrendo sempre un sentiero rivolto a monte, anche se più lungo e non vicino al fiume Serchio, perché, in quel periodo le sue rive, in molti punti erano acquitrinose e malsane, gli storici, sono giunti all’individuazione del “Pagus”, esaminando anche i pochi documenti del primo medioevo, con i quali, si è potuto appurare che una vigna del “Pagus”, confinava con l’antica chiesa di San Gervasio, fondata presso l’attuale cimitero, a poca distanza dalla Pieve di Santa Maria (probabilmente all’interno del “Pagus”). 

A questo primo sviluppo, ne seguì uno maggiore, con la conversione dei romani al cristianesimo, le comunità iniziarono a fondare le prime chiese, seguendo particolari criteri, il più importante e forse anche quello che riguarda maggiormente il borgo di Diecimo, è quello di fondare le prime chiese (soprattutto quelle Battesimali), in luoghi facilmente raggiungibili da più parti, in prossimità di importanti nodi viari e dove un tempo esistevano dei Templi romani che vennero abbattuti, per far posto ai nuovi luoghi di culto, nella storia un luogo sacro, è quasi sempre rimasto sacro, sono cambiati gli idoli e gli edifici sacri, ma non il luogo (era un metodo utile anche per cancellare la vecchia ideologia), questioni difficili da provare singolarmente, ma usanze applicate frequentemente, ne è un esempio, l’antica Pieve di S.Piero (o Pietro) di Montecarlo che come molte altre Pievi (soprattutto le più antiche,) sono state fondate in luoghi identici alla Pieve di Santa Maria Assunta (presso Templi romani e alcune importanti vie) che non a caso, figura nell’elenco delle 28 Pievi di San Frediano, come la pieve di Santa Maria Assunta di Diecimo, il più prestigioso elenco, di chiese antiche (anche non battesimali) della lucchesia che la tradizione popolare, da sempre a voluto legate al Santo lucchese (VI secolo), come possiamo notare, tutto gira sempre intorno ad una probabile Posta e ad un Tempio romano. 

Ed è proprio dentro la chiesa che possiamo ammirare, l’unico reperto romano di Diecimo, arrivato ai nostri giorni, un sarcofago attribuibile al III – IV secolo d.C., il reperto con la sua forma a tinozza rettangolare, fu rinvenuto in località “Due Fontane”, dove veniva utilizzato abitualmente, come vasca o abbeveratoio, compromettendone così, il suo stato di conservazione, nel 1932, il parroco riuscì a prelevarlo ed a esporlo nella Pieve.

Con l’insediamento dei Longobardi, in lucchesia, iniziamo ad avere anche le prime notizie di Diecimo, formato in quel periodo, da alcune piccole borgate, nate intorno alla Pieve, il primo documento nel quale viene citato il paese “…in loco ubi dicitur Decimo…”, risale ai primi del 761 e si riferisce, ad un atto di vendita stipulato da Ariprando del fu Rappaldo di Diecimo e un certo Teudiperto, una pergamena che come vediamo, non cita la chiesa, come avvenne anche nel 784, quando fu conclusa una donazione, effettuata da Nazario, un chierico di Diecimo, al Capitolo di San Martino, documenti che non rammentano la chiesa, ma fanno intuire la sua esistenza, per vederla nominata in un documento ufficiale, bisognerà attendere il 919, quando il Vescovo Pietro, allivellò al prete Ghisalmari, le due chiese di Anchiano, sottoposte alla Pieve di S.Maria e S.Gervasio.

San Gervasio risulta Contitolare, solo in questa pergamena, una conseguenza della scomparsa dell’antica chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, fondata nel borgo prima del 900, in un successivo documento del 979, la Pieve sarà nominata come S.Maria e S.Giovanni Battista, ma questa volta il doppio titolo, gli fu attribuito, per la consuetudine di quel periodo, di contitolare al Santo Battezzatore, tutte le Chiese Battesimali, dopo il Mille, il doppio titolo (San Giovanni Battista) sarà rimosso, quest’ultimo documento, ci conferma anche l’esistenza di una terza chiesa, intitolata a S.Martino in Greppo con annesso un Ospedale, fondata poco distante dal paese.  

Due chiese e una Pieve (fondate prima del Mille), fanno di Diecimo, un importante luogo di culto, prima ancora dell’istituzione della “Jura” Vescovile o Contea, feudo vescovile che per la maggior parte degli storici locali, nascerà il 26 settembre 1078 (escluso il Repetti che cita un atto del 941, dove il Marchese Oberto figlio del re Ugo, donò il castello di Diecimo al Vescovo Currado), con la grande donazione, fatta dalla Contessa Matilde di Canossa, al Vescovo di Lucca, un antico e importante placito riguardante Diecimo, con il quale Matilde, per la sua anima e per l’anima di Bonifacio e per l’anima di Beatrice, donò al Vescovo di Lucca Anselmo II (nipote di Anselmo da Baggio, poi Papa Alessandro II), “….castello con curia e torre e case entro il circuito della sue mura….”

Questa pergamena, è probabilmente il documento più importante del paese e come la questione romana, del “Decimum Lapidem” e delle sue origini (purtroppo non documentate), inciderà moltissimo sul suo sviluppo sociale ed urbano, per capirne l’importanza, per prima cosa conviene esaminare tutti i personaggi coinvolti, la Contessa Matilde, con questo atto, donò la Pieve di Santa Maria (da lei ricostruita) e l’intero castello di Diecimo, al Vescovo Anselmo II, colui che poi diverrà suo consigliere spirituale, un uomo di chiesa, da lei stimato moltissimo e uno dei pochi che otterrà la sua protezione (fino alla sua morte), un legame intenso che spinse la Contessa, a regalargli qualcosa di importante.

Esaminando il documento, scopriamo anche la presenza di un grande castello ( mura merlate, difese da torri che racchiudono, le case e l’intera curia) che prima della donazione, venne ristrutturato da Matilde di Canossa, visto che in un documento del 1040, Pandolfo del fu Griffo, permuta la sua parte della chiesa di S.Andrea, (fondata dopo il Mille) e del Castello in loco “Colle di Pastino”, al Vescovo di Lucca, Giovanni, in cambio di un campo posto in località “Ronco”, misera valutazione, perciò il castello in quel momento, doveva trovarsi in cattivo stato di conservazione, per non dire mezzo in rovina.

L’attività amministrativa della Jura Vescovile, inizia ad essere documentata, dalla pergamena del 1146, dove il Vescovo (che poi sarà rappresentato anche da civili, nominati Visconti) Ottone, promette ai suoi sudditi, di non vendere mai il feudo o Contea, cessione che potrebbe avvenire solo, per gravi difficoltà finanziarie della Diocesi o per riscattare eventuali schiavi cattolici, potere feudale che alcuni anni dopo, venne riconfermato dagli Imperatori Federico il Barbarossa e Enrico IV, la stessa Repubblica di Lucca, accettò di buon grado, la presenza di questo feudo, mantenendo sempre ottimi rapporti con il Vescovo di Lucca, eccetto alcuni brevi periodi, dove la città in contrasto con la Santa Sede (scomuniche), non riconobbe più la sovranità, ma furono solo piccoli episodi, la Jura che come risorse economiche, possedeva i proventi delle riscossioni di gabelle e pedaggi, applicate alle persone e alle merci in transito, verrà ceduta alla Repubblica di Lucca, nei primi decenni del XVIII secolo, dopo un primo tentativo lucchese, di impadronirsene, fallito nel 1647.

Con la conferma, dell’istituzione della Jura di Diecimo, nella pergamena del 1146, vengono citati anche i Consoli di quella comunità, confermando la nascita del “Comune” (vescovile), risultando la prima comunità rurale, in lucchesia ad avere dei Consoli, Comune che in un successivo documento del 1210, sarà formato dalle comunità di: Diecimo, Lignana (oggi Lignanello, località nei pressi del cimitero di Dezza), Dezza (il primo paese lungo la strada, Diecimo – Pescaglia) e Pastino (le prime case, venendo da Lucca e dove sorse il primo castello), le quattro comunità, restarono unite fino al XIV secolo, poi Dezza si separerà, formando un suo Comune.

Nel XIII secolo, il Pievere di Diecimo, ricopri una vasta area, nel Catalogo delle Decime lucchesi, del 1260, la Pieve di Santa Maria Assunta, contava alle sue dipendenze 20 chiese, dislocate su 18 Terre, imponente sviluppo che coinvolse anche il paese di Diecimo, alle prime comunità di Pastino, Lignana, Piazza, si aggiunsero quelle di Zandori (nata intorno alla rocca vescovile), Roncato (sviluppatasi grazie alla presenza di una taverna e del molino comunale, ancora oggi esiste un molino privato) e Greppo (la comunità più piccola che si formò intorno alla chiesina di San Martino in Greppo).

All’inizio del XIV secolo, l’Impero e la chiesa, iniziarono a litigare fra loro e per la Jura arrivarono i primi problemi, Lucca filo imperiale, nel 1308, non riconobbe più l’autorità del Vescovo sulla Jura, il Vescovo Enrico II, per nulla intimorito, punì il Comune di Lucca, con la scomunica e l’interdetto, richiedendo l’intervento di Papa Clemente V che l’anno successivo, costrinse i lucchesi, a ritornare sui loro passi, alcuni decenni dopo, con la salita al potere a Lucca di Castruccio Castracane, il governo lucchese ci riprovò nuovamente, Castruccio che nel frattempo, aveva costruito in località Castello, una rocca (a poca distanza dal castello di Diecimo), decise nuovamente di annettere la Jura alla Repubblica di Lucca, nel 1327, venne nominato Podestà di Diecimo Nello degli Antelminelli, la precoce scomparsa, di Castruccio, ristabilì le vecchie giurisdizioni.

Nel XV secolo, la vita nella Jura scorse abbastanza tranquilla, il borgo venne risparmiato anche dalle soldatesche del Fortebraccia, al sevizio dei fiorentini che devastarono e depredarono, più di un castello della valle del Serchio, nel 1728, la Jura, grazie alla mediazione del Vescovo Bernardino Guinigi, venne unita definitivamente alla Repubblica di Lucca, unione che non fu riconosciuta dalla corte di Vienna, solo nel 1728, grazie ad un Diploma Imperiale di Carlo VI d’Austria, l’unione diverrà ufficiale per tutti, da allora Diecimo, legherà le sue sorti con Lucca e Borgo a Mozzano, il suo attuale capoluogo comunale

 

Le chiese di Diecimo

 

 

Storia e foto della Pieve di
 Santa Maria Assunta
 

 

 

Antica Chiesa di Sant’Andrea

 

In un documento del 1033, viene citata per la prima volta, una nuova chiesa intitolata a Sant’Andrea, forse fondata anche prima del Mille, in località Pastino, come conferma la pergamena appena citata, dove Ingizia, cede la parte di alcuni suoi beni a Oddo figlio di Griffo, compresa la chiesa di S.Andrea, posta vicino al castello di “Colle di Pastino”.

La chiesa, verrà citata per l’ultima volta in un documento, dopo appena 7 anni (1040), dalla prima citazione, in questa pergamena dove il castello risulta semi distrutto, il Vescovo Giovanni e Pandolfo figlio di Griffo, si scambiano alcuni beni, compresa una parte della chiesa che da allora, non verrà più nominata e col tempo se ne perderanno le tracce, cosa che non avvenne per l’Ospedale di Sant’Andrea, fondato nel 1358, in un luogo sconosciuto, accanto alla chiesa o forse in paese, comunque, il nuovo Ospedale di S.Andrea che, ereditò le rendite e i beni dell’omonima chiesa, probabilmente contribuì anche alla chiusura, del più antico Ospedale di S.Martino in Greppo, visto che venne fondato, quando quest’ultimo iniziò a decadere.

A metà del XV secolo, l’Ospedale, nei documenti lo troviamo intitolato ai Santi Andrea e Maria, ma soprattutto locato preso la chiesa del Carmine, in mezzo al paese (venne spostato o era sempre stato lì?), in seguito con il periodo napoleonico, l’Ospedale sarà soppresso definitivamente.

L’ubicazione della chiesa di S.Andrea, rimane ancora oggi un mistero, ma a riguardo, vogliamo tramandarvi un ricordo degli anziani, un tempo non molto lontano, quando il Vescovo di Lucca, veniva in visita a Diecimo (a cavallo, forse XIX secolo), aveva l’abitudine di soggiornare, in una delle prime case di Pastino, dove alcune volte pregava o celebrava anche Messa, di conseguenza lì doveva trovarsi anche una cappella.

 

Chiesa di San Martino in Greppo

 

 

Lungo la via romana, poco prima (venendo da Lucca) del castello di Pastino, nel X secolo (se non prima), venne fondata la chiesa di San Martino in Greppo, con annesso un Ospedale, le prime notizie di questa chiesa, le troviamo in una pergamena del 979, a differenza dell’Ospedale citato in un documento del 1205, dopo il Mille, adiacente alla chiesa, venne posta anche la riscossione delle gabelle, intorno a questo piccolo agglomerato urbano, col tempo iniziò a formarsi anche una comunità (la più piccola di Diecimo, detta “Greppo”) che risiedeva, in alcune case sparse, a due passi dalla borgata di Pastino, uno dei principali ingressi del castello, attraversato dalla via Clodia Nova, strada che per un lungo periodo, al calar del buio, con la chiusura della Porta del castello, rimaneva chiusa al transito, la circolazione riprendeva nuovamente al sorgere del sole, fatto che favorì lo sviluppo dell’Ospedale, una sosta quasi obbligatoria, per chi al tramonto era sempre in viaggio, nel catalogo delle Decime Diocesane, delle chiese lucchesi, del 1260, L’Hospedale di S.Martino in Greppo, venne tassato, con un’imposta di 5 libbre, mentre ai primi del 1300, le sue rendite ammontarono a 2 Lire, la seconda rendita della Pievania, preceduta solo dalla Pieve di Santa Maria (con 3 Lire).

Questa situazione florida, iniziò a degenerare verso la fine del XIV secolo, nel secolo successivo verrà chiuso definitivamente (1459), triste periodo per “Greppo”, dato che anche la dogana subirà la stessa sorte e alla fine del secolo l’intero stabile cadrà in rovina, solo la chiesa sopravvisse, grazie anche ad una provvidenziale ristrutturazione, effettuata nel 1631, per volere della comunità di Diecimo, in epoca moderna, con la costruzione della nuova strada, per lo smottamento di una parte del terreno e per le intemperie, i resti dell’Ospedale e della Gabella, compreso l’arco d’ingresso, col passare degli anni crollarono definitivamente, oggi resta solo la chiesa, ancora consacrata e sottoposta alla Pieve di Santa Maria.

 

Castello di Diecimo

 

 

 

Fra l’XI e il XII secolo a Diecimo, sorse uno dei più grandi castelli, della valle del Serchio che nel Placito della Contessa Matilde di Canossa, del 1078, viene descritto, con un’ampia cinta muraria, difesa da torri, con delle Porte, protette da ponti levatoi e con un grande fossato (la Pedogna,) roccaforte che al suo interno racchiudeva, gli edifici della curia, le case della comunità e una piccola rocca vescovile (eretta fra Zandori e la Pieve), dimensioni rilevanti per l’epoca, ma anche per quelle precedenti, visto che Matilde di Canossa, in quell’anno ristrutturò un castello già esistente, in questo caso, non è da escludere una prima fortificazione, eretta a difesa del “Pagus” romano, al tempo delle invasioni gotiche, un insediamento di quell’importanza (una piccola Curtis, simile a quella di Bonifacio in Vivinaia), sicuramente doveva essere fortificata, comunque, le prime notizie del castello, le troviamo in un documento del 1033, nel quale Ingizio di Hoficia, vende la sua parte del castello di Diecimo, locato in colle Pastino, a Oddo del fu Griffo, mentre la località di Pastino, dove sorse il castello, viene già citata in una pergamena del 901. 

Il castello venne edificato, nella parte più alta dell’attuale Pastino (detta Colle Pastino), vicino probabilmente al ponte sulla Pedogna, costruito sulla strada diretta a Pescaglia, naturalmente al di là del torrente (riva sinistra), dato che dopo il Mille, vengono nominati dei ponti levatoi e un grande fossato (il letto della Pedogna e forse anche un canale artificiale, alimentato dallo stesso torrente, realizzato lungo le mura).

Di questo castello, oggi si sono perse le tracce, probabilmente l’esistenza della Jura, dalla metà del XIV secolo, ha salvato il paese, dalle dispute scoppiate in tutta la lucchesia, fra i lucchesi, pisani e fiorentini, la protezione della Santa Sede, mise al sicuro questa Terra che nessuna armata, osò mai sfidare apertamente, lo stesso mercenario Fortebraccio, il più spietato, venuto in lucchesia alla caduta della Signoria di Paolo Guinigi (1430) e al soldo dei fiorentini, si guardò bene dal toccare questo feudo vescovile, l’unico ad infischiarsene, fu Castruccio Castracane che nella sua breve Signoria, annesse la Jura alla Repubblica, rafforzando il castello e costruendo una nuova rocca lungo le pendici del Bargiglio, a levante di Diecimo.

Dopo la ristrutturazione di Castruccio, il castello non subì altri interventi, col passare dei secoli, il castello, persa l’importanza strategica (la politica difese il borgo), iniziò a decadere, alcune sue parti, furono inglobate nei nuovi edifici o riconvertite ad uso civile, altre andarono completamente distrutte e forse, anche utilizzate come materiale edile, per le nuove costruzioni civili, oggi le uniche vestigia rimaste, sono alcuni ruderi della nuova rocca di Castruccio e una vecchia torre, presente in piazza e attribuita a Matilde.

 

 

 La Rocca di Castruccio

 

 

Castruccio Castracane, una volta annessa la Jura di Diecimo, per ottenere il massimo controllo, della valle del Serchio, decise di rafforzare il castello di Diecimo e di costruire una nuova rocca, molto più in alto, in località detta ancora oggi “Castello”, sopra un piccolo sperone roccioso delle pendici del Monte Bargiglio, in uno dei tratti più impervi, della via romana Clodia Nova o di una sua variante che transitava poco più in basso, unendo Diecimo con Cune, un punto strategico che pochi uomini, erano in grado di difendere, sbarrando la strada ad eventuali bande armate, provenienti da nord, per evitare così eventuali colpi di mano su Lucca, ma nello stesso tempo la rocca gli serviva anche per controllare ciò che avveniva a Diecimo, la roccaforte di quella Jura, che non aveva ancora digerito l'annessione alla Repubblica di Lucca e che sicuramente stava tramando qualcosa per liberarsi. La nuova rocca di Castruccio, nonostante le sue modeste dimensioni, venne costruita con accuratezza, progettata solo per la guerra, una torre ricoprì il ruolo di mastio e un rivellino (muro di difesa), fu messo a sua difesa e per favorire il contrattacco, furono aperte nel rivellino, due sortite ben fortificate, si usciva facilmente, ma nello stesso tempo, era molto dura entrare, pochi uomini erano in grado di bloccare la strada e di resistere fino all’arrivo dei rinforzi.